GLISSER – elisa ferrari – foto&grafia

Storytelling di Parole e Fotografie per chi vuole lasciare un segno indelebile in questa vita.

Chiedi alla polvere – John Fante. Un libro che ho amato totalmente.

Scelsi John Fante perché Bukowski disse che era un Dio, e io pendo dalle labbra di Bukowski!
Tutto è accaduto dopo la lettura.
Avete presente un raggio di sole che entra dalla finestra e mostra quel scintillio danzante di vita?
È polvere.
Forse non è casuale se questa opera letteraria di Fante porta il titolo Chiedi alla polvere: è come se esprimesse il desiderio vissuto in un’apparenza dai volti plurimi, che diventa racconto senza realizzarsi, che filtra come un raggio di sole mostrando la vita delle cose attraverso la polvere della strada.
Una polvere che resta e testimonia.
Già il titolo del romanzo è un’esortazione a domandare. E la nuvola di polvere avvolge anche te, ti solleva e ti porta via!
John Fante vi guarda dentro, vi si specchia e, filtrando granello dopo granello come se la polvere fosse sabbia, riversa il veleno delle proprie inquietudini sulla pagina. In questo romanzo autobiografico, il protagonista è Arturo Bandini, un giovane arroventato dal suo stesso sogno: diventa l’alter ego di Fante e con lui si fonde fino al punto in cui per i due è impossibile scindersi.
Bandini è infiammato di passione, è un impavido che non teme la fame e le rinunce pur di avere ciò che desidera; ma, entrando nelle pieghe del libro, Arturo si svela anche un codardo, un individuo che dubita costantemente del proprio talento e che si lascia travolgere da un mare di dubbi e paure.
Lui è tutto e il suo esatto contrario, una somma improbabile di punti deboli che può condividere con chiunque, compreso il lettore. È arrogante, saccente, autocelebrativo, narcisista; ma è anche sensibile, appassionato, comprensivo, generoso.
È sbarcato a Los Angeles con un autobus che rappresenta la tensione che nutre l’uomo semplice verso i sogni. È ricoperto di strati di polvere – tutta la polvere del mondo sulle sue spalle – e in testa ha un’idea fissa: diventare il più grande scrittore d’ America.
Ciò che Arturo diventerà, invece, non sono in realtà che “altri Bandini” diversi dal primo, pur essendo una sua emanazione: Bandini coinvolto dal terremoto di Los Angeles, Bandini ossessionato dal successo nel campo dell’editoria, Bandini alienato nell’amore per una donna che non ricambia, Bandini vittima di se stesso.
Finché una sera, per caso, incontra in un caffè la bella cameriera messicana Camilla Lopez, da quell’istante principale fonte di tutte le sue felicità e di tutti i suoi strazi.

Camilla è la scintilla e Arturo l’incendio, insieme sono un’ esplosione, una piena tragicomica che, straripando, si abbatte sul lettore. Un lettore che, forse, si aspetterebbe di vivere col protagonista un’appassionata storia d’amore ma che, al contrario, resta spiazzato da una sorta di balletto schizofrenico, da un inabile cercarsi e respingersi, amarsi e odiarsi, desiderarsi e subito dopo detestarsi.
Le cose si complicano quando entra in scena il bel barista Sammy, del quale Camilla si innamora, scatenando la gelosia di Arturo.
La dinamica dei sentimenti è un ingranaggio complesso, ma Arturo e Camilla ne ignorano il meccanismo. Sbagliano i tempi, sbagliano i modi, vivono una relazione “a tentoni”, e non fanno che sbandare.
Arturo Bandini è il non eroe per eccellenza, lo scrittore folle e disperato che ama Camilla, ma ha relazioni sessuali con un’altra donna, il pazzo che sperpera i suoi primi guadagni per dei vestiti nuovi. È lo stesso che si sente a suo agio con i suoi abiti strappati e vecchi, lo sbandato che vorrebbe sfidare la vita a muso duro con alcool e droghe, ma si ritrova a pregare Dio, in preda al panico e ai suoi sensi di colpa.
Appare incoerente, Arturo Bandini, ed è proprio questa sua incoerenza che ce lo mostra quanto mai fragile.
Nelle pagine che Fante dedica all’amore di Arturo per Carmen c’è tutto quello che succede quando ci si innamora per la prima volta: l’incertezza dettata dalla paura, i sentimenti contrastanti, le farfalle nello stomaco che volano su e giù tra euforia e depressione. Sentirsi in paradiso quando si è corrisposti, e selvaggi all’inferno, quando si viene respinti. Una crudele delizia a cui è difficile sottrarsi, specialmente a vent’anni.

John Fante è stata una delle mie più felici scoperte letterarie.
Gli sono grata di avermi fatto conoscere Arturo Baldini, un uomo che è una poesia di vita e un’arroganza strategica, un uomo del giorno e della notte, in cui facilmente ci si immedesima.
È una storia vera, quella che ci racconta, profondamente vera, che trasuda realismo riga dopo riga. In Arturo mi sono ritrovata. John Fante mi ha regalato un’esistenza che può trovare una qualche forma di giustificazione solo quando è animata da una grande passione, se alimentata dal talento e poi coronata dal successo.
E se ciò non accadesse, se io e ciascuno di noi non riuscissimo nell’impresa di realizzare quei sogni che appaiono impossibili, come è probabile che accada, Fante suggerisce che è meglio essere polvere piuttosto che una delle infinite nullità che affollano il mondo.
Una polvere comunque filtrata da un raggio di sole.

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